Wu Sung ging wieder kleine struppige Tigerwege – auf den großen Landstraßen und in den Städten gab es Plakate, vor denen standen Leute und lasen eifrig einen Steckbrief. Ein Sterntiger oder ein ehemaliger Hauptmann, seines Zeichens ein Schatzräuber und mehrfacher Totschläger, wurde gesucht von Behörden, die noch jeden Schatz geraubt, jeden Menschen getötet hatten, den sie ohne Furcht vor Strafe berauben oder ermorden konnten. Wu Sung ging kleine, struppige Wege, denn er war nicht mehr Befehlsbeamter, sondern gehetzt, und hatte also keine Zeit mehr, den richtigen Weg zu suchen. Er stieg nicht ins Gebirge, er schlug sich immerhin nicht zu den Räubern, obwohl er dergleichen Chang Chin, Tung und Sieh versprochen hatte: Es schien ihm nämlich, als hätte er im Blutrausch bereits genug getötet. Er lebte in mondlosen Wäldern, aß Spinnwebbeeren und Wasserschwämme, und nur wenn ihm die wilden Schalenfrüchte und Dornengemüse gar nicht mehr schmeckten, fing er im Traum Wild und stillte damit seinen Hunger, weil die Steine noch immer zu hart, zu unverdaulich waren. So hungerte er viel, und es ist ungewiss, ob er nicht manches von dem, was er nun litt, am Ende nur zusammengeträumt hat? Da aber die meisten Klöße aus Menschenfleisch nie zum Leben erwachen, vielmehr geboren werden, Bärte bekommen oder Brüste, dann sterben, ehe ihnen so viel Klarheit geschenkt wird, dass sie wissen, wann sie träumen oder was sie träumen, sei ohne vermessenes Urteil über Wahn, Traum oder Wachen auch fernerhin berichtet, was Wu Sung im Rauschtraum oder sonst wie erlebte.
Etwas begann damit, dass in allen Weinstuben die Weingesellen Wu Sung sagten: »Der große Herr hat uns allen verboten, Ihnen Wein zu verkaufen.«
Er fragte: »Welcher große Herr?«
Aber niemand antwortete ihm. Er wollte sie verachten, im Warmen übernachten, aber keine Herberge nahm ihn auf. Auch die Bäume drohten wie Feuer-Wasser-Stöcke, in den Höhlen war es dunkel, und den Göttern war es nicht recht, wenn er in ihren leeren Tempeln umsonst übernachtete. Sie verlangten dafür Silbertael. Es blieb nichts übrig, als mit langen Schritten vorwärts zu laufen. Die wunden Füße, unter dem Leib abgelaufen, brannten. Gutes konnte trotz aller Eile nicht kommen, nur immer wieder der Abend, Verlust des roten Sonnenballs, die Nacht.
Published June 17, 2025
© Albert Ehrenstein
Tael d’argento
Written in German by Albert Ehrenstein
Translated into Italian by Maria Chiara Susini
Wu Sung percorreva di nuovo i sentieri intricati delle tigri. Lungo le grandi strade di campagna e nelle città c’erano manifesti di fronte ai quali la gente si fermava per leggere avidamente la descrizione di un ricercato. Qualcuno sotto il segno della Tigre o un ex capitano, di professione ladro di tesori e pluriomicida, era inseguito dalle autorità che pure avevano rubato ogni tesoro e ucciso ogni persona che potessero derubare o assassinare senza temere conseguenze. Wu Sung percorreva sentieri stretti e intricati perché non era più comandante, ma braccato, e non aveva quindi più tempo per cercare la strada giusta. Non salì tra le montagne, e neppure si unì ai briganti, anche se aveva fatto una simile promessa a Chang Chin, Tung e Sieh: in effetti gli pareva di avere già ucciso abbastanza nella sua furia sanguinaria. Viveva in boschi senza luna, mangiava bacche di ragnatele e spugne d’acqua dolce, e solo quando i frutti a guscio e le erbe spinose non avevano più alcun sapore per lui si mise a catturare in sogno la selvaggina placando in tal modo la sua fame, dato che i sassi erano comunque troppo duri, troppo indigesti. Così pativa molto la fame, e chissà se alcune cose per cui ora soffriva non fossero alla fine solo un sogno? Ma dal momento che le polpette di carne umana nella maggior parte dei casi non prendono vita, bensì nascono, si vedono crescere la barba o il seno e poi muoiono prima che sia loro concessa tanta lucidità da sapere quando sognano o che cosa sognano, sia quindi raccontato senza azzardare giudizi su illusione, sogno o veglia ciò che Wu Sung visse in sogno o in altro modo.
Iniziò col fatto che in tutte le osterie i garzoni dicevano a Wu Sung: «Il gran signore ha vietato a tutti noi di venderle vino».
Lui domandava: «Quale gran signore?».
Ma nessuno gli rispondeva. Avrebbe voluto disdegnarli e passare la notte al caldo, ma nessuna locanda lo accoglieva. Anche gli alberi incombevano come bastoni-d’acqua-e-fuoco, nelle grotte era buio, e agli dèi non piaceva che passasse la notte nei loro templi vuoti senza pagare. Esigevano in cambio tael d’argento. Non restava altro che andare avanti a lunghi passi. I piedi coperti di piaghe, consumati sotto il peso del corpo, bruciavano. Malgrado tutta la fretta, niente di buono poteva arrivare, solo e sempre la sera, il venir meno della rossa sfera solare, la notte.
Published June 17, 2025
© Albert Ehrenstein
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